Ottorino Garosio (1904 -1980) presto orfano del padre, decoratore scomparso quarantenne nel 1913, Garosio apprende a Riva, presso Antonio Simeoni, i rudimenti dell’arte come servizio. Ritornato a Vestone, dal 1925 la pittura da mestiere si trasforma per Lui in espressione. La Valsabbia è stata il grande motivo dei suoi colori. Espone per la prima volta a Brescia nel 1934. Il “Cantinone di Tita” di Vestone era la spiaggia frequentata da Garosio e dagli altri artisti. Il dopoguerra non l’ha visto mutato sia nei modi che nel dipingere.
Il Suo figurativo, che aveva saltato ogni accademia, sorgeva robusto, istintivo, tramite una mano lesta, abile, pratica di esercizio e soprattutto disponibile alla libertà del , fare arte, mai così ampia come nel ventesimo secolo. La leggenda di Ottorino si alimenta nella vita quotidiana: i vecchi in tabarro e cappello sugli occhi, il camino acceso, i contadini a vangare, le donne al lavatoio, le nature morte, la neve, l’autunno acceso e inebriato, i paesaggi, gli autoritratti fieri e riflessi.
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